Coronavirus, tra derive autoritarie e propaganda di Elena D’Alessandri



di Elena D’Alessandri, collaboratrice prof. Angelo Ivan Leone.

Probabilmente tutti ricorderanno i ‘corsi e ricorsi storici’ di Gian Battista Vico. Il senso della storia è, per Vico, nella storia e, al contempo, fuori di essa: gli effetti delle azioni vanno sempre oltre la specifica intenzionalità; di contro l’uomo fa più di quanto sa e spesso non sa quello che fa.
Chiamare in campo il pensatore del ‘600 appare purtroppo calzante stando alle evoluzioni degli ultimi giorni. In queste giornate in cui il numero di vittime da Coronavirus cresce incessantemente – L’Istituto Superiore di Sanità sostiene tuttavia ci si trovi di fronte al picco dei contagi e la curva dovrebbe quindi presto iniziare la discesa – la situazione politica globale mostra segnali preoccupanti.
Inutile proporre dietrologie sull’origine della pandemia e sull’incontrollato diffondersi dei contagi, resta vero però che “Se il regime avesse preso provvedimenti non appena fosse stata rilevata la trasmissione da uomo a uomo – accusa Marc A. Thiessen del Washington Post – avrebbe potuto contenere il virus e prevenire una pandemia globale. Invece, i funzionari hanno soppresso le informazioni che avrebbero potuto salvare delle vite. Questo è ciò che fanno i regimi totalitari”.
Nella vecchia Europa l’informazione dovrebbe correre su altri binari, eppure due episodi – certamente diversi per portata ed impatto, anche se accomunati da un medesimo obiettivo – destano preoccupazione per l’assetto democratico e il perpetrarsi di libertà troppo spesso date per scontate. La notizia di una svolta autoritaria dell’Ungheria – Stato membro dell’UE – di Viktor Orban, del tutto prevedibile, almeno per chi aveva seguito più da vicino la politica del premier magiaro, è sconcertante. Orban, cavalcando l’onda dell’emergenza, ha preso i pieni poteri, dando vita ad una sorta di assolutismo che si sostanzia in: poteri straordinari senza limiti di tempo, governare sulla base di decreti, chiudere il Parlamento, cambiare o sospendere leggi esistenti e bloccare le elezioni. Spetta a lui, naturalmente, determinare quando finirà lo stato di emergenza e sulla pandemia potranno esprimersi solo fonti ufficiali: chi sarà accusato di diffondere false notizie rischierà da uno a cinque anni di carcere.
Nella nostra Penisola invece l’aspirante ‘uomo solo al comando’ continua a diffondere notizie discutibili, mostrandosi in video ‘travestito (anche) da medico’. L’ultima chicca che ci ha regalato è stato un ‘eterno riposo’ in tv, ospite del programma di Barbara D’Urso.
Se da una parte il dolore viene sconciamente spettacolarizzato – senza alcun rispetto per chi ha perso le persone che amava – dall’altra l’emergenza viene utilizzata come mezzo di propaganda politica. C’è solo da augurarsi che in Italia sia rimasta una coscienza critica più radicata, anche se il virus sta ormai spazzando via la generazione di coloro che hanno combattuto in prima linea per la democrazia.
Ma perché citare Vico? La storia ci insegna che momenti di precarietà, fragilità, insicurezza, sofferenza economica aprono la strada all’affermarsi del ‘demiurgo di turno’. E non ci troviamo oggi nel mezzo di una pandemia, con un tracollo economico prevedibile, mentre paura e incertezza la fanno da padroni insieme ad un rifiorire di focolai sovranisti? Il rischio di derive è dietro l’angolo.
Anche perché il clima di conflitto e di scollamento sociale certamente non aiuta. Si dovrebbero avere certezze, soprattutto per il dopo, per non ripetere gli stessi errori, per non rivivere gli stessi orrori. Come scrive giustamente Veltroni in un editoriale sul Corriere della Sera di ieri “Uscire dal tunnel trovando la notte è una prospettiva che davvero non meritiamo”.

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