L' impegno e il silenzio di Angelo Ivan Leone


La strage di Capaci si commemora in questa mesta giornata di fine primavera. In questo triste giorno, che viene a cadere in uno dei periodi più neri che il Paese abbia mai attraversato, vorremo chiedere alla classe politica di fare silenzio. Fare silenzio piuttosto che rendere come hanno reso Giovanni Falcone e Paolo Borsellino una specie di feticcio, di totem e di eroi alla memoria. Questo silenzio servirebbe molto di più rispetto alla conformistica e nauseante apologia che va in scena tutti gli anni. Fare silenzio perché in molti che adesso commemorano questi due giudici da morti, devono, o almeno dovrebbero, vergognarsi di averli lasciati soli da vivi. Falcone sapeva perfettamente cosa significasse questa solitudine. Fu, infatti, proprio lui a confessare, con disarmante sincerità, alla giornalista Marcelle Padovani che quel silenzio non era altro che la morte. "Si muore generalmente perché si è soli". Vero e altrettanto vero quel che ricordo' il suo amico e fratello di battaglia Paolo Borsellino "Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura di morire muore una volta sola". Vogliamo che resti fulgido l'esempio del loro impegno nella lotta contro la mafia che la classe politica, in gran parte, ha, invece, prima ostacolato e, poi, reso una farsa. Ricordiamo a questa classe politica che in Italia la mafia e' stata, sin dalla sua nascita, utilizzata con funzione di controllo sociale sul territorio meridionale che lo stesso stato non voleva controllare e che subappaltava al controllo mafioso, e che la mafia è stata utilizzata durante tutta la Prima Repubblica attribuendole una seconda funzione: quella di agenzia nella lotta anticomunista. Così da essere doppiamente legittimata sia internamente che internazionalmente. Per tutto questo è giusto che la classe politica oggi faccia silenzio.
Ecco, noi oggi con questo silenzio vorremmo impedire che "qualche Giuda", sempre per citare le parole di Borsellino, mischi le sue lacrime di coccodrillo alle nostre. "E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime" Antonio Gramsci.

Commenti

  1. In Italia si commemora soltanto, ma non si addiviene mai alla verità. Viene solo una grande tristezza a vedere la decadenza del nostro popolo dopo le glorie del passato.

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