1° MAGGIO: C’È POCO DA FESTEGGIARE RETORICAMENTE. C’È MOLTO DA RIPENSARE, RIPROGETTARE E RILANCIARE IL LAVORO

 


1° MAGGIO: C’È POCO DA FESTEGGIARE RETORICAMENTE. C’È MOLTO DA RIPENSARE, RIPROGETTARE E RILANCIARE IL LAVORO

Di Giuseppe Lumia 

Da anni e anni il Primo Maggio è diventato una Festa controversa. Da un lato si vuole giustamente celebrare la festa dei lavoratori, dall’altro si avverte la necessità di evidenziare tutti i mali che attanagliano ancora oggi il lavoro. 


Nella mia vita di impegno sociale e politico, questi giorni sono scanditi da questa particolare e significativa sequenza. 


Il 30 Aprile si ricorda la barbara uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. L’immagine di come sono stati uccisi mi salta sempre in mente e il cuore mi si gonfia di dolore e indignazione. Ho incrociato Pio La Torre nella mia gioventù impegnata sia nel mondo cattolico sia nel sociale, durante la lotta contro l’installazione dei missili nucleari a Comiso e contro le mafie. Pio La Torre rimane una fonte vitale di ispirazione per chi vuole mantenersi in coerenza con la propria passione progettuale nell’agire sociale e politico. La figura di Rosario Di Salvo mi ha sempre colpito per la sua abnegazione nel servire un ideale di Partito di Sinistra, sino al sacrificio totale della propria vita. Un sacrificio da non sottovalutare, anche se tuttora è poco conosciuto e valorizzato. 


Il giorno dopo il 30 Aprile arriva nelle coscienze un’altra dirompente scossa emotiva: il 1° Maggio di Portella della Ginestra, in Sicilia. Una storia che continua a sanguinare. A Portella, nel 1947 si festeggiava un Primo Maggio particolare: la vittoria del 20 Aprile delle forze politiche della sinistra. Pensate un po’, alle prime elezioni libere del dopoguerra, il “Blocco del Popolo” ottenne il 30,38 per cento, ben 591.870 voti e 29 seggi all’Assemblea Regionale Siciliana. Un successo straordinario, anch’esso poco conosciuto e valorizzato. La risposta che intervenne per spegnere quell’anelito di Liberazione, anche sociale oltre che politica, fu la prima Strage di Stato: il bandito Giuliano, gli agrari, i fascisti, i mafiosi, servizi segreti di vario genere fecero tutti capolino in quel tragico Primo Maggio. Portella della Ginestra rimane un luogo sacro per quanti sentono dentro il bisogno di liberarsi dalle mafie e di fare piena luce sulla lunga sequenza insanguinata delle Stragi di Stato. 


Un Primo Maggio pertanto molto travagliato e doloroso. 


Ma anche il tema del lavoro non è piuttosto segnato dalla sofferenza, tanto da spingerci a ripensare, riprogettare e rilanciare il suo valore?


Il lavoro oggi è senza dubbio poco retribuito, con livelli di reddito vergognosi; è molto precario, tanto da ridurre intere generazioni alla marginalità; è scarsamente qualificato, visto che mancano lavoratori ben formati in molti settori sia ordinari che tecnologicamente avanzati; è lontano dalla domanda di occupazione dei giovani, delle donne e in particolari di uomini, giovani e donne del martoriato Mezzogiorno; è lacerato da disuguaglianze insopportabili oltre che di reddito, di genere e generazionali, pure territoriali, che colpiscono soprattutto le aree interne di tutto il Paese. 


Insomma, c’è poco da stare allegri. C’è molto da ripensare e da riprogettare per fare del Primo Maggio la vera Festa del Lavoro: 


portare finalmente i redditi da lavoro e da pensione, in pochissimi anni, alla media europea; 


inserire subito i giovani nel mondo del lavoro con retribuzioni adeguate e abbattendo ostacoli mostruosi, come i dispendiosi e inutili test di ingresso nelle università; 


dare alle donne la possibilità di lavorare presto e senza nessuna discriminazione di reddito e di opportunità di carriera, assicurando un welfare di sostegno per rendere realmente possibile la costituzione di famiglie al loro interno paritarie, tra i genitori, e rilanciare così seriamente la natalità; 


formare i giovani e i disoccupati ai lavori che mancano e che cambiano, con percorsi retribuiti e qualificati direttamente dentro le aziende, obbligando all’assunzione di quei giovani già qualificati laddove la formazione pubblica ha funzionato, come nei licei alberghieri.


C’è poco da festeggiare retoricamente, c’è poco spazio per decreti-legge strumentali e dannosi, c’è poco da continuare a sottovalutare la crisi di reddito e di accesso al lavoro.

C’è invece molto da ripensare e riprogettare il rilancio del lavoro in tutte le sue dimensioni e potenzialità. 


Non dimentichiamo mai che, dopo inenarrabili sofferenze e straordinarie speranze, è stato scritto nella nostra sacra Costituzione, all’articolo 1: “L’ITALIA È UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA, FONDATA SUL LAVORO”.


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