Le foibe: una ferita ancora aperta di Anna Rosa Dusconi


Parlare di foibe risulta sempre una tematica complicata. A volere trovare il motivo di questa complicazione il rischio di finire a giudicare il valore morale diventa un facile automatismo. Il dato storico dimostra una certa esistenza del fenomeno il dato sociale tende a limitarsi ad una memoria politica declinata al turismo culturale. Uno splendido giro di parole per descrivere una dimensione omertosa in cui finiscono certi argomenti. Gli anziani a cui domandare una descrizione di vita sono solitamente poco disposti a parlare. Una zona di confine con le sue  originali vicende sceglie di tacere di fronte a gesti disumani figli di una violenza politica. Il turista curioso scopre dei monumenti lo stimolo da esploratore subentra nel momento in cui fatica di trovare risposte definite in modo univoco. Per questi motivi parlare del fenomeno Foibe risulta tra gli argomenti di cui bisogna tacere o dire il minimo indispensabile per celebrare con il tradizionale ricordo le morti atroci di un numero indefinito di persone. Forse bisogna trovare la forza di confrontarsi con certi stigmi. Vuoi la Risiera, vuoi le Foibe sono  esempio di episodi tragici di una storia recente ancora tanto dolorosa. Una pudica vergogna di una vicenda umana reale forse meglio il caso in cui potevamo dire una storia inventata da un autore con turbe psichiche. La complicazione di riuscire a parlare di Foibe bisogna trapeli prima forse con una umile comprensione di una vicenda umana riguardo a cui avere una opinione etica o morale determina la nostra comprensione del suo impianto geopolitico. Tante parole per dire quanto sia doloroso scrivere riguardo la pratica di eliminare persone lasciandoli morire di stenti o torture per ideali per niente comprensibili!

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